"Noi
vicario del vescovo e del giudice suddetto, prescriviamo e ordiniamo quanto
segue:
Si conti fino a circa dodici giorni a partire da oggi. Allo scadere di
questi il giudice secolare manderà un ordine affinché ci venga rivelato se
qualcuno abbia saputo, visto o sentito dell'esistenza di una persona eretica o
di una strega, per diceria o sospetto, in particolare se si tratta di persona
che pratichi cose tali da nuocere agli uomini, alle bestie o ai frutti della
terra. Se costui non obbedirà ai nostri ordini e non testimonierà entro il
termine stabilito sappia che sarà trafitto dalla spada della scomunica..."
Probabilmente,
anche a Baceno questo avviso fu affisso sul portone della chiesa dedicata a San
Gaudenzio.
Nelle
ore seguenti cosa succede?
Sempre
la stessa cosa.
Le
persone si guardano, si scrutano, controllano che nessuno possa dubitare.
La
Santa Inquisizione era capace di creare uno stato di terrore pari a quello
delle grandi dittature moderne.
In
quelle ore qualcuno decide di parlare, denunciare!
Una
ragazza si presenta ai curati di Baceno. Si chiama Elisabetta del fu Antonio de
Giuli, soprannominata "la bastarda". Denuncia 4 donne accusandole di
averla indotta a partecipare ad un sabba cui diede il nome di "gioco dei
monti di Devero". Senza indugio i curati arrestano le donne e le conducono
presso le carceri di Crodo.
Non
aspettavano altro! Gli avvisi erano chiari.
Loro
volevano le streghe!
Che
poi non esistessero è un dettaglio marginale....
Le
donne vengono tradotto nel carcere vescovile di Novara.
Tra
le 4 arrestate vi è anche una donna chiamata "la Gianola", scampata
ad una denuncia di stregoneria qualche anno prima.
La
Gianola denuncia altre due donne.
In
un crescendo di miseria umana e paura ancestrale si giunge all'arresto di 21
donne e 2 uomini.
Tutti
accusati di stregoneria. L'arresto era solo l'anticamera dell'inferno!
Era
la fine dell'inizio e per molte donne l'inizio della fine!
Prima di
essere interrogate le donne venivano denudate e rasate alla ricerca del marchio
del diavolo, che spesso consisteva in un piccolo neo vicino all'iride
dell'occhio. Se questo non veniva trovato si risaliva ad altri possibili
"marchi del diavolo" come macchie sul corpo, nei posizionati in
luoghi diversi dall'occhio e nei casi più cruenti si ricercava qualche zona del
corpo insensibile al tatto. Questa era la prima tortura cui vennero sottoposte
le nostre donne Ossolane (con molta probabilità). Il loro corpo veniva
martoriato da spilloni appuntiti alla ricerca di queste zone considerate
insensibili.
Si
procedeva al primo interrogatorio.
![]() |
"Data est tormentis ad tempus, quartae partis horae circiter" |
L'inquisitore
domandava alla donna che aveva di fronte se avesse partecipato al sabba, se si
fosse accoppiata con il demonio o se avesse fatto del male ad altri uomini o
donne.
Le
donne tendevano a non rispondere. In loro si sommava paura, stordimento ed
anche incomprensione rispetto alla lingua utilizzata.
I
frati domenicani utilizzavano una lingua diversa dal dialetto in uso nelle
valli. Per questo motivo spesso il cancelliere della santa inquisizione
svolgeva anche le funzioni di interprete.
Gli
interrogatori si susseguono in un crescendo di dolore e sadismo da parte dei
frati.
Se
non veniva ammesso il peccato per il quale la donna era stata arrestata di
giungeva alla tortura.
"Data
est tormentis ad tempus, quartae partis horae circiter". La donna veniva
torturata inizialmente per un periodo corrispondente ad un quarto d'ora, circa.
Era l'inizio della dolorosa strada verso l'inferno! Ma la strada non è mai
retta, non prevede una sola forma di depravazione. Le donne, prima di essere
torturate, venivano spogliate e minuziosamente ispezionate: si guardava sotto
la lingua e tra le natiche, dopodiché le si aprivano le gambe ed il frate
stesso verificava con le dita che non venivano nascosti in quel luogo amuleti o
filtri che potessero lenire le sofferenze della tortura".
Il
procedimento appena descritto non veniva considerato tortura ma alla stregua di
un controllo per verificare che i dolori impartiti dagli inquisitori avessero
successo!
Agli
inizi del 1600 a Novara veniva utilizzato il curlo, per estorcere le
confessioni alle donne.
Il
curlo consisteva nella sospensione della donna ad una fune per provocare
slogature alle braccia.
La
presunta strega a Novara, grazie all'astuzia degli inquisitori che si sono
succeduti nella città piemontese, si ritrovava appesa per le braccia ma con le
gambe divaricate sul tavolo della tortura! Le corde venivano issate e poi
rilasciate per procurare maggior dolore possibile alla persona sotto inchiesta!
A questo punto la donna aveva l'unica alternativa della confessione.
Quale poteva essere l'alternativa? continuare a subire
torture che distruggevano il corpo e la mente?
Nel caso delle streghe di Baceno arrivano le confessioni.
Il
martedì o il giovedì le streghe che partecipano al sabba si riuniscono in una
casa di Baceno o di Croveo, i loro corpi vengono cosparsi dalle altre con uno
speciale unguento ed attendono. Attendono l'arrivo del proprio demonio, che
poteva presentarsi sotto diverse forme, tra cui quella di un cavallo nero. La
strega veniva caricata dal proprio diavolo sulle spalle e portata al Sabba, che
si svolgeva sulle pendici del Cervandone.
I frati domenicani hanno fatto il loro dovere, hanno fatto confessare le donne!
Le
donne non sono normali, sono streghe!
Devono
essere condannate!
Alle
donne di Baceno e di Croveo furono sfortunate in quanto non furono arse vive.
No,
nel nostro caso niente rogo purificatore!
Le
Streghe di Baceno marcirono nelle carceri vescovili novaresi, tra topi, zanzare
ed ogni altro essere che poteva annidarsi in quelle luride celle!
Dieci
di loro trovarono la morte per mano della Santa Inquisizione in questo orribile
modo.
Quelle
che si salvarono non ebbero sconti dalla vita in quanto furono costrette a
vivere come mendicanti e chiedere un tozzo di pane di casa in casa...
F. Casalini
Gli
avvenimenti narrati in questo articolo si riferiscono al secondo processo,
avvenuto nel periodo 1609-1611, ai danni delle donne di Baceno. Nei
prossimi articoli affronteremo il primo processo, del 1575, in cui due donne
vennero arse vive nel rogo purificatore.
Bibliografia:
- Sebastiano Vassalli: "La chimera". 1990 Giulio Einaudi editore.
- Natale Benazzi e Matteo D'Amico: "Il libro nero dell'inquisizione". 1998 Piemme editore.
- John Edwards: "Storia dell'inquisizone".2006 Arnoldo Mondadori editore.
- Quaderno dei sentieri del passato di Roberta Cavallino e Daniele Godio. Provincia di Novara, assessorato alla cultura.
Fonte:
viaggiatoricheignorano
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